Quaere

“[68] Fugato omni equitatu Vercingetorix copias, ut pro castris collocaverat, reduxit protinusque Alesiam, quod est oppidum Mandubiorum, iter facere coepit celeriterque impedimenta ex castris educi et se subsequi iussit (…) altero die ad Alesiam castra fecit. Perspecto urbis situ perterritisque hostibus, quod equitatu, qua maxime parte exercitus confidebant, erant pulsi, adhortatus ad laborem milites circumvallare instituit.”

“Vista in fuga la sua Cavalleria, Vercingetorige ritirò le truppe che aveva posto davanti ai campi e si diresse ad Alesia, città dei Mandubi, ordinando che bagagli e salmerie lo seguissero al più presto. Il giorno dopo (Cesare) pose il campo presso Alesia. Esaminata la posizione della città e tenuto presente che i nemici erano atterriti per la sconfitta della cavalleria, arma sulla quale avevano riposto tutte le loro speranze, esortò i soldati al lavoro e iniziò la costruzione di un vallo intorno alla città”.

Ho preso questo testo dal settimo libro del ”De bello gallico” di Cesare.

Siamo nell’anno 53 a.C.

Cesare ha appena sconfitto Vercingetorige, il capo della coalizione gallica, organizzata per andare contro di lui; Vercingetorige si ritira nell’oppidum della popolazione dei Mandubi a nord degli Edui (attualmente la città più grande vicina è Digione). Questa fortezza designata come luogo dello scontro finale tra la popolazione celtica e Cesare, uno scontro che segnerà il destino del grande capo gallico e della sua popolazione, destinata a sottomettersi al dominio romano, segnerà anche la gloria di Cesare una volta per tutte. Questo luogo è Alesia.

Alesia è una città posta al centro di una pianura, cinta dall’acqua per due lati e circondata da colline. Questa città, ora tranquilla, rimase sotto assedio per oltre un mese. Cesare, per assediarla, prese i seguenti provvedimenti: fece costruire un primo muro e una fossa profonda quattro metri per un tratto di 15 km; fece edificare un’altra cinta muraria di 21 km, organizzò trappole tra cui fosse riempite di 15 file di tronchi aguzzi, induriti dal fuoco, così da impalare chiunque avesse avuto la sfortuna di camminarci sopra. Queste fosse erano difese da due legioni, un migliaio di torri e ventitré fortini fortificati distanziati regolarmente tra di loro e presidiati da sentinelle.

La città alla fine fu circondata. L’assedio di Alesia dopo un inizio turbolento fu per la maggior parte del tempo di logoramento: infatti Vercingetorige, dopo un attacco iniziale, stava aspettando rinforzi e mancava di cibo, problema che aveva riscontrato fin dall'inizio e che fu la causa di un macabro evento che non colpì solo i soldati, ma anche e soprattutto la popolazione all’interno delle mura. L’assedio durava circa da un mese e la popolazione moriva di fame: i civili, che abitavano quella città ancor prima dello scontro e gli stessi soldati erano allo stremo e i civili erano considerati delle presenze inutili; le risorse non erano sufficienti. Cesare ci riporta il discorso pronunciato alla riunione tra i capi gallici dal nobile arverno Critognato, discorso che Cesare riferisce per ”la sua nefanda e singolare crudeltà”. Riferisce di come bisognasse ricorrere a una pratica disumana, già attuata dai Galli, il cannibalismo. Ascoltiamo Critognato: “Dopo aver devastata la Gallia seminando sventure dovunque, i Cimbri uscirono, infine, dalla nostra terra diretti altrove e ci lasciarono le nostre leggi, i nostri campi, la libertà. I Romani, invece, cosa cercano e cosa vogliono? Spinti dall'invidia, per averci conosciuto nobili per fama e potenti in guerra, vogliono impadronirsi dei nostri campi e delle nostre città e tenerci in perpetua servitù. Nessuna guerra essi hanno mai fatto per altro scopo. E se non sapete quel che accade nelle regioni più lontane, guardate la Gallia a noi vicina, ridotta a provincia Romana, che ha avuto leggi e istituzioni nuove e che soffre in continua servitù piegata alle scuri littorie.”

Per evitare il cannibalismo, misura sembrata estrema, decisero di sacrificare la popolazione inabile al combattimento: donne, bambini e anziani, civili che erano lì e che si erano trovati per caso coinvolti nella guerra. Vennero buttati fuori dalle mura e lasciati morire tra stenti nelle trappole dei romani o per fame, perché Cesare ordinò ai soldati di non salvarne nemmeno uno, per paura di spie e per mancanza di risorse.

Questo evento mostra la portata dello scontro e quanto l’esercito di Vercingetorige fosse disposto a perdere per difendere la libertà contro l’aggressore romano.

L’accampamento romano venne attaccato per due volte senza esito dalla cavalleria sia di Vercingetorige sia di suo cugino Vercassivellauno, venuto in soccorso con 250.000 fanti e 8000 cavalieri. Per due volte fallirono finché non riuscirono a coordinarsi e Vercassivellauno sfondò nel punto più debole delle fortificazioni, una collina posta lontano dalla città ma scomoda da difendere, con 60.000 uomini. Questo attacco fece scendere Cesare dal suo punto di osservazione; tutto fu, però, inutile e Cesare chiuse prima il fronte interno e poi quello esterno, volgendo tutti i nemici in fuga.

“Fit magna caedes", “vi fu una grande strage”; queste sono le parole di Cesare. Queste furono le sue azioni. Fino a notte i nemici vennero inseguiti e uccisi e Vercingetorige dinanzi ai suoi soldati e a quelli di Cesare dovette deporre le armi davanti al vincitore in segno di sottomissione. Il grande comandante celtico verrà poi portato in trionfo nel 46 come prigioniero e strangolato nel carcere Mamertino.

Oggi di Alesia non rimane niente. Hanno costruito un museo e ricreato una parte delle fortificazioni erette da Cesare per rievocare l’atmosfera della grande battaglia. Questa battaglia, questo scontro è stato un simbolo, segno che ha marcato la storia e troncato innumerevoli vite; e io, che ci sono appena stata, posso dire che anche se non ci fosse stato un museo e le fortificazioni, anche solo il fatto di essere lì è bastato, perché ogni passo è stato come se ne facessi mille e ogni sguardo è stato rivolto a una picca, un cadavere, un cavallo, a Cesare che dà ordini con il suo mantello scintillante.

Sai che lui diede gli ordini da quella collina che adesso puoi vedere sotto lo stesso cielo, sopra il medesimo terreno. Per me vedere il luogo dove sono state segnate così tante vite è stata un'emozione indescrivibile. Consiglio a tutti di andare in questi luoghi spesso dimenticati, ma molto importanti, perché si è deciso il destino di quegli uomini, si è combattuta una battaglia che, per quanto piccola agli occhi del mondo e dimenticata oggi, per quegli uomini allora è stato tutto.

Grazie per l’attenzione.

Matilde


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e Ricostruzione delle fortificazioni dell'esercito di Cesare ad Alesia (MuseoPark di Alesia).