Articoli di filosofia scritti dalla prof. Luciana Paracchini
Sintesi delle lezioni di estetica tenute dai professori Luciana Paracchini e Stefano Marzocchi per l'Umanitaria nell’anno accademico 2024/25.

Il Sublime – περὶ ὕψους (perì Hypsous)
La questione del sublime – termine che si riferisce ad un tipo di esperienza estetica distinta da quella del bello – venne ampiamente trattata nell’antichità, a partire dal passo del Fedro platonico dove si afferma che “chi giunga alle soglie della poesia senza il delirio delle Muse, convinto che la sola abilità lo renda poeta, sarà un poeta incompiuto e la poesia del savio sarà offuscata da quella dei poeti in delirio”.
Tra il primo secolo a.C. e il primo secolo d.C., in un mondo ormai unificato sotto il dominio romano, troviamo ricche testimonianze di polemiche letterarie tra gli esponenti di diversi orientamenti della retorica. A questo ambito va riportato il più celebre trattato di critica letteraria che ci sia giunto dal mondo antico, probabilmente risalente al primo secolo d.C., il cui autore rimane ignoto: Perì hypsous (περὶ ὕψους)
L’autore intende verificare la coesistenza delle doti naturali (l’altezza dell’ispirazione, cioè il sublime dell’anima) con la tecnica espressiva (il sublime stilistico, distinto dallo stile medio e da quello umile). Secondo l’Anonimo, il sublime non va cercato in un preciso genere letterario o in determinati argomenti; si trova non solo nei poeti lirici, nei tragici, in Omero, ma anche in passi di Erodoto o di Platone. Le facoltà naturali sono necessarie ma non sufficienti: la grandezza dell’ispirazione, se non sorretta da studio e tecnica, assomiglia a una nave senza ormeggi.
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Mimesis – μίμησις (imitazione) - è un termine fondamentale della teoria classica dell’arte, che ha attraversato i secoli giungendo fino a noi e subendo, nel lungo percorso, slittamenti di significato e diversità di valutazioni.
Nel pensiero di Platone troviamo una duplice condanna dell’arte come imitazione della realtà sensibile. Innanzitutto sotto il profilo conoscitivo l’artista – ad esempio il pittore che ritrae un qualsiasi aspetto del mondo - non si avvicina, ma si allontana dalla conoscenza del vero, che è l’idea; se in un dipinto rappresenta – imita – un letto, di quell’oggetto non sa nulla, a differenza del falegname che produce il letto fisico avendo come modello il letto ideale; in altri termini, il buon falegname ha una conoscenza superiore a quella del pittore perché, sia pure nel limitato campo della sua techne τέχνη (arte), sa che cosa è un letto, quali caratteristiche e proporzioni deve avere per essere tale. (Repubblica, libro X)
Ma anche sotto il profilo morale e politico l’arte è degna di condanna, o perlomeno di un’accurata censura: Omero non può essere considerato il primo educatore della gioventù quando attribuisce agli dei e agli eroi azioni immorali; in generale viene condannata tutta la poesia che rappresenta e suscita passioni smodate e indegne di un buon cittadino. (Repubblica, libro II).
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PATHOS (PASSIONE)
Compiamo una piccola indagine intorno ad un termine significativo del lessico filosofico – il greco pathos e i suoi derivati – per cercare di capire come si sia passati da una connotazione prevalentemente negativa nel pensiero antico ad una connotazione prevalentemente positiva nella modernità.
Nel pensiero logico di Aristotele il pathos, o più esattamente il corrispondente verbo paschein (πάσχειν - patire) indica la categoria opposta e complementare al prattein, (πράττειν - l’agire); per chiarire meglio, il rapporto tra le due categorie è simile a quello che in grammatica vi è tra verbo attivo e il verbo passivo. Il “patire” indica l’essere oggetto di un’azione altrui, non il soggetto che agisce. Fin qui, nell’ambito della logica, non scorgiamo una connotazione negativa.
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Il legislatore, politico e scrittore Solone di Atene (638 – 558 a.C.) ci lascia questa breve considerazione (autobiografica) sulla vecchiaia:
γηράσκω δ’αἰεὶ πολλὰ διδασκόμενος[1]
[gherásko d’aiéi pollà didaskómenos]
cioè: “invecchio sempre molte cose imparando”.
Mi piace confrontare questa massima con quella che si legge in una commedia di Terenzio: “Senectus ipsa est morbus”.
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L’etica degli antichi (quarta e ultima parte)
ELLENISMO
Come ricorda Mario Vegetti nell’opera già citata, un’illustre tradizione storiografica sostiene che la perdita dell’indipendenza politica delle poleis, avvenuta nel IV secolo ad opera della monarchia macedone di Filippo e di Alessandro, avrebbe determinato un radicale mutamento della vita sociale e culturale dei Greci, cambiando anche le coordinate della riflessione etica. Questa veduta è in parte fuorviante: anche dopo la conquista macedone e perfino in epoca romana la polis ha continuato ad essere il nucleo principale della vita sociale; è però vero che è venuta meno l’autonomia dei processi di deliberazione politica, e che questa perdita sollevava nuovi interrogativi.
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