Il Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere di Giacomo Leopardi è uno dei brani più famosi delle Operette Morali. Nei giorni che precedono il Capodanno è spesso riletto con piacere e citato dagli amanti della letteratura: breve, incisivo, arguto e popolare; è un capolavoro.
Questo Dialogo è lo sviluppo letterario di un’idea contenuta nello Zibaldone, scritta a Firenze cinque anni prima e che si trova in calce a questo articolo.
La più recente versione latina si trova nel grande volume “Il cielo senza stelle – Operette Morali e altre prose in traduzione latina con introduzione e a cura di Enrico Renna[1]” (Edizioni Sparton, Napoli 2005); riporto la versione latina di Arturo Bini[2], letterale per quanto è possibile, scorrevole e abbastanza semplice. Se non si ha sufficiente dimestichezza con il latino, si può leggere in parallelo con l’originale leopardiano. Un ottimo modo per iniziare il Novus Annus … latinamente.
Ecco il testo latino[3]
JACOBUS LEOPARDI (1798-1837)
CALENDARIA
Personae : CIRCULATOR - VIATOR
- Calendaria, en nova calendaria ! Calendaria ! Opusne tibi est calendario, domine ?
F. In novum annum ?
G. Ita, domine.
F. Num putas novum annum felicem futurum esse?
C. Profecto, vir praeclare.
F. Sicut superior fuit ?
C. Multo felicior.
V. Sicut paenultimus ?
G. Longe felicior, ut censeo.
F. Cui annus erit similis ? Nonne velis annum novum simi lem futurum esse cuipiam praeteritorum ?
G. Minime, domine.
F. Quot anni lapsi sunt ex quo calendaria vendis ?
G. Ad viginti, vir clarissime.
F. Cui ex istis annis similem futurum asse annum novum cupias ?
C. Incertus equidem sum.
F. Nullum annum meministi, qui tibi faustus visus sit ?
G. Nullum, mi domine.
F. Attamen vita pulchra res est.
C. Ita est ex communi sententia.
F. Si tibi rursus vivere praeteritos annos liceret, si annos omnes ex quo natus sis ; nonne tibi liberet ?
G. Utinam fieri posset !
F. At si tibi necesse esset iterum quae egisses agere, iterum iisdem oblectamentis frui, eadem mala pati, ac tibi praeteritis annis contigerint, quid diceres ?
C. Abnuerem.
F. Quamnam aliam vitam iterum libenter vivere velis ? Meam, an principis, an cuiusnam ? An vero putas me vel principem vel quemvis mortalium non ita ut te responsurum ? Num credis quemquam vitam transactam iterum vivere comprobaturum ? Nonne aeque ac te omnes responsuros putas ?
C. Ita sentio equidem.
F. Nec tu quidem, condicionibus quae supra memoravi, rursus vivere velis, cum aliter nequeas ?
C. Minime, domine.
F. Quaenam vita tibi grata esset ?
C. Vita qualem Deus decreturus fuerit.
V. Vita sorti obnoxia ; vita de qua, sicut de novo anno, nil fas scire ?
C. Ita est.
F. Et ita vellem, et ita omnes: quod piane signiflcat omnes usque ad hunc diem a fatis male habuisse. Satis in aperto est sentire plura vel maiora quemque mala quam bona eccepisse, cum si eadem ac transacta futura esset vita nova, nemo iterum nasci vellet. Pulchra non est ea quam novimus vita, sed pulchra videtur ventura. Annus novus felix erit et mihi et tibi et ceteris omnibus. Nonne ita ?
C. Sperare iuvat.
F. Praebe igitur calendarium ex omnibus pulcherrimum.
C. Hoc accipe, domine ; triginta stat nummis.
F. En triginta nummi.
C Gratias tibi ago, domine ; salve. Calendaria ! Calendaria nova ! Calendaria !
Il testo italiano delle Operette morali si trova a questa pagina della Biblioteca italiana e in tante altre pagine di libera fruizione, oltre che (probabilmente) in tutte le biblioteche personali.
Ecco il passo dello Zibaldone
“Che la vita nostra, per sentimento di ciascuno, sia composta di più assai dolore che piacere, male che bene, si dimostra per questa esperienza. Io ho dimandato a parecchi se sarebbero stati contenti di tornare a rifare la vita passata, con patto di rifarla né più né meno quale la prima volta. L'ho dimandato anco sovente a me stesso. [4284] Quanto al tornare indietro a vivere, ed io e tutti gli altri sarebbero stati contentissimi; ma con questo patto, nessuno; e piuttosto che accettarlo, tutti (e così, io a me stesso) mi hanno risposto che avrebbero rinunziato a quel ritorno alla prima età, che per se medesimo, sarebbe pur tanto gradito a tutti gli uomini. Per tornare alla fanciullezza, avrebbero voluto rimettersi ciecamente alla fortuna circa la lor vita da rifarsi, e ignorarne il modo, come s'ignora quel della vita che ci resta da fare. Che vuol dir questo? Vuol dire che nella vita che abbiamo sperimentata e che conosciamo con certezza, tutti abbiam provato più male che bene; e che se noi ci contentiamo, ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l'ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione e ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti (Firenze. 1. Luglio. 1827.)”[4]
NOTE
Su YouTube si può vedere il cortometraggio per la regia di Ermanno Olmi (1954)
L'immagine augurale è tratta dal sito https://nunc.ch/
Per approfondire https://www.jstor.org/stable/24868827
[1] Lo stesso che si occupò per lo stesso editore delle opere di A Manzoni in latino; vedi anche questo articolo ed altri nello stesso sito
[2] Enrico Levi - Arturo Bini, Il latino come lingua viva, ad uso delle scuole e delle persone colte, Firenze 1937, pagg. 230 -234. Il libro intero in formato pdf è scaricabile a questo link
[3] Al testo ho solo aggiunto le “h” che mancavano all’aggettivo pulcher, pulchra, pulchrum. Personalmente avrei reso il venditore con ambulator (cfr. Mart. I, 41)
[4] 4283-84