Quaere

Nella cattedrale della città di Castelsardo, bellissima roccaforte sul mare nel nord della Sardegna in provincia di Sassari, si trova una lapide di marmo risalente al 1600 che ricorda due illustri personaggi locali: Giacomo e Leonardo Mayolo.

La lapide tombale, larga 100 centimetri e alta 150, è molto interessante perché in una parte incorniciata riporta inizialmente delle scritte in latino e poi le ultime tre frasi in spagnolo poiché sin dal 1448 Castelsardo era stata conquistata dagli Aragonesi che le diedero uno dei tre nomi che ebbe nella sua storia: Castel Genovese e Castel Aragonese, prima del definitivo Castelsardo, nomi che definiscono le popolazioni che ci hanno abitato.

Possiamo dividere la lapide in due parti: la cornice esterna e la zona interna.

Nella parte alta della cornice, c’è la scritta perfettamente leggibile: SEPULCHRUM (Sepolcro), sul lato destro dal punto di vista dell’osservatore ci sono i nomi delle persone a cui è dedicato quindi di Giacomo (JACOBI) e Leonardo (LEONARDI MAYOLO); sull’altro lato c’è la dedica ai discendenti con queste parole: EORUMQUE EX UTRAQ(UE) LINEA DESCENDENTIUM (dei loro discendenti da entrambe le linee). In basso si legge la scritta: CASTRI ARACONEN(SIS) CIVIUM (cittadini di Castel Aragonese).

La parte più interessante è quella dentro alla cornice: in alto si legge AEQUA UTRUMQUE METIT FALCE (Entrambi miete con la falce imparziale), con il soggetto sottinteso "la morte", come si capisce dal simbolo: uno scheletro che copre e fa da sfondo alla parte superiore della lastra.
Con il passaggio dal latino allo spagnolo cambia la disposizione dei testi: in latino si leggono in orizzontale da sinistra verso destra, con lo spagnolo dall’alto verso il basso.

Trovo molto interessante l’iscrizione e la sua impostazione: viene continuamente sottolineato il tema della morte, della disperazione ed il destino dell’uomo.
Ho visto per la prima volta in fondo alla chiesa questa lapide, dopo la messa, quasi per caso, dove è difficile notarla, ma quando la noti ti lascia sorpreso, incantato e inquieto, perché la lapide non sembra dare speranza verso chi è dedicata e nemmeno per la vita dell’uomo.