Le dimore di un’anima inquieta
(testo dell’intervento tenuto a Pagazzano il 3 ottobre 2021)
Poiché il gemellaggio che si celebra questa sera costruisce una via ideale che congiunge i luoghi più rappresentativi in cui dimorò il poeta proporrò al pubblico intervenuto questo mio breve excursus sulle “Case del Petrarca”.
In molti luoghi certamente, in chissà quante case dimorò il Petrarca nella sua vita di uomo inquieto per carattere e spesso in viaggio per lavoro: anche se fu peregrinus ubique[1], le sue case ebbero delle caratteristiche che meritano qualche riflessione.
Possiamo classificare le “Case” in due categorie semplificate:
- Le case scelte dalla famiglia
- 1304-1305 Arezzo
- 1305-1311 Incisa
- 1311-1312 Pisa
- 1312-1326 Carpentras - Avignone anche allora si viveva in casa fino a quell’età
- Le case scelte dal poeta
- 1326-1337 Periodo di transizione - Avignone
- 1337-1351 Valchiusa (con numerosi viaggi e soggiorni in Italia)
- Soggiorni interinali a Parma - Selvapiana
- 1353-1361 Milano
- 1361-brevi soggiorni lombardo-veneti
- 1370-1374 Arquà
Le case scelte dalla famiglia
1. La casa natale
Aretii in exilio natus sum … die Lunae, ad auroram, così ricorda in poeta nell’Epistola Posteritati[2].
Petrarca racconta di essere nato casualmente ad Arezzo, da una famiglia di ceto medio in esilio, avviata verso la povertà. Nella casa natale[3] comincia il primo periodo italiano della sua vita, che durò meno di un anno. Che fosse un segno del destino un po’ ramingo che lo attendeva? Quella casa lo vide per poco tempo, udì i vagiti di Francesco che si era appena affacciato alla vita.
In quella casa - simbolo, situata in vico intimo, cioè nel cuore della città, Borgo dell'Orto 28, vi tornò da adulto: si fermò tornando da Roma [i ritorni caratterizzano le scelte del poeta] in occasione del giubileo del 1350. La fama acquisita gli garantì un’accoglienza calorosa e pare che le autorità cittadine avessero imposto il rispetto della casa.
La storia andò diversamente: l'edificio attuale è la ricostruzione di una dimora della fine del XV secolo, prima casa privata e poi sede della Questura di Arezzo fino al 1926. Durante i restauri del ’26 vennero alla luce tracce di una costruzione precedente forse del secolo XIII, ma l’ultima sciagurata guerra ha distrutto quell’edificio[4]. Oggi è sede della prestigiosa Accademia Petrarca di Lettere Arti e Scienze, sede di una biblioteca, proveniente dal fondo di Francesco Redi, e di una collezione di monete. Fu casa simbolo per Petrarca, casa simbolo resta oggi, anche se fu dimora di pochi mesi.
Seguiamo il racconto del poeta (in traduzione)
Il caso e la mia volontà così hanno distribuito il mio tempo fino ad oggi. Il primo anno di vita, e neppure intero, lo passai ad Arezzo, ove la natura mi aveva portato alla luce; i sei anni seguenti, essendo stata richiamata dall’esilio mia madre, li passai all’Incisa, in una campagna del babbo a 14 miglia sopra Firenze[5]; l’ottavo a Pisa…
2. La casa di campagna della famiglia materna
All’Incisa in una campagna del nonno, un casolare lontano una trentina di km da Firenze, il poeta trascorse una parte della propria infanzia. Là dove oggi c’è una Casa Petrarca[6] che è stata da poco inaugurata come spazio culturale, recuperando edifici e cammini che aprono interessanti prospettive turistiche e culturali. Sarebbe opportuno prendere contatti per rendere ancora più completo il progetto della Via del Petrarca.
3. La casa di Pisa
A Pisa la famiglia rimase circa due anni. La casa non c’è più; resta la memoria dello storico incontro tra Ser Petracco e Dante, raccontato dal poeta in una lettera all’amico Boccaccio (Familiares, XXI, 15). Dante, nato nel 1265, aveva allora 46 anni, Petrarca sette-otto anni. È rimasto solo un toponimo, una piazza, uno spiazzo, uno spazio che deve ancora assumere una fisionomia precisa. Il progetto, recente, è stato bloccato dall’epidemia.
4. Dall’Italia alla Gallia
Esattamente a Carpentras[7] (25 km da Avignone), anni di studio, vissuti anche a Montpellier e Bologna, anni di adolescenza con momenti felici e poi di lutto (la madre muore nel 1318), di crescita, fino alla tappa finale: la morte del padre nel 1326. Nessuna traccia di case ma nel 1326 la vita del poeta cambia: Francesco è capofamiglia a 22 anni, deve prendere decisioni, risiede malvolentieri ad Avignone, sede aborrita del Papato provvisorio. Finché, a 33 anni, poté realizzare il sogno fatto da bambino: trovarsi nella pace della natura per dedicarsi allo studio, alla composizione e alla ricerca di libri. Poté farlo grazie alla buona condizione economica e alla fama conquistata, consolidata con gli incarichi di prestigio ricoperti per mezzo della sua grande padronanza della lingua (soprattutto latina) e dell’arte della diplomazia che aveva sapientemente coltivato.
Le case scelte del poeta
1. Valchiusa
Il Petrarca si stabilì nel 1337 a Valchiusa, un piccolo borgo incantevole che sempre gli rimase nel cuore, vicino alla città che comunque poteva garantire a sé e alla famiglia un alto tenore di vita. Qui trovò l’ispirazione, qui sentì pieno il desiderio di scrivere e studiare, libero nella solitudine. Conosceva già il luogo, ma questo non fu un semplice ritorno, fu una scelta di vita. Ecco il suo ricordo:
… insueta tactus specie locorum, pueriles inter illos cogitatus meos, dixi ut potui: “En nature mee locus aptissimus, quemque, si dabitur aliquando, magnis urbibus prelaturus sim!” (Sen. X,2)
In questa scelta si avverte anche una sintonia con quella di un poeta a lui caro, Orazio[8] suo modello letterario e, in questo caso, di scelte di vita. Come il grande poeta latino Orazio scelse di stare lontano dalla città[9], lontano dagli intrighi di corte.
Di quella casa cos’è rimasto? nulla, bruciò già nel 1353, mettendo a repentaglio gli amati libri, ma lo spirito imprenditoriale organizzativo dei nostri amici francesi ha fatto un miracolo: nel primo dopoguerra (1923) fu allestito un museo, furono inventate case (di Laura e del poeta…) ad uso dei turisti che ancora oggi sono attratti dal ricordo del poeta e incantati dalla bellezza dei luoghi. A Valchiusa si recano numerosi, prima alle incantevoli sorgenti della Sorgue e poi… nelle botteghe dei souvenir.
- La scelta dell’Italia
Nel 1353, a 49 anni, Francesco lascia l’amata Valchiusa e sceglie di trasferirsi in Italia. In Provenza non tornò mai più. Fu anche questa una scelta di vita. Ecco il saluto alla patria ritrovata:
Salve, cara Deo, tellus sanctissima, salve[10]
In questa terra tormentata da guerre (è vero che anche ad Avignone non si scherzava), era in cerca di qualcosa di diverso. Ricordava bene i soggiorni a Selvapiana[11], nei pressi di Parma, dove aveva comprato una casa[12] e ripreso a comporre poesia. Ma di lì era fuggito, sentendosi in pericolo, a causa della circolazione di truppe mercenarie che imperversavano. Azzardo una chiave interpretativa delle ultime scelte del poeta: cercava la sicurezza, quella che non riusciva a trovare nel proprio animo inquieto, una sicurezza continuamente minata dalla peste che in quegli anni imperversava e che toglieva la vita a persone amate (Laura in primis).
- La scelta di Milano
Quando lasciò la Provenza scelse di stabilirsi a Milano, scelta criticatissima (dagli “amici” fiorentini soprattutto), che però sembra confermare questa ricerca di sicurezza: alla corte ducale del più potente Stato del tempo fu invitato dall’arcivescovo Giovanni Visconti, che “da lui non voleva nulla, se non la mia sola presenza”[13], per dare lustro a un ambiente culturalmente abbastanza arretrato, soprattutto sul piano letterario.
Il poeta prende casa nella periferia di allora (Sant’Ambrogio), dove ebbe un orto a disposizione, per coltivare (chiedo venia per il grossolano gioco di parole) il suo hobby rilassante; presto si trasferì nel convento di San Simpliciano. Dalle mura della città si allontana, trovando a Garegnano e Inferno (oggi Linterno - Casa Petrarca) quei luoghi tranquilli, pieni di acque sorgive, boschi e animali che gli ricordavano l’amata Valchiusa.
Da Milano si dovette spesso allontanare per le missioni affidategli; prediligeva sostare in castelli (San Colombano, Pavia). Andando spesso a Bergamo, fece tappa più volte in uno dei tanti castelli che i signori di Milano avevano disseminato sul territorio, un bel castello circondato dall’acqua e immerso nella natura, una tappa speciale che offriva sicurezza e ispirazione: Pagazzano, la sede che oggi ci ospita e che degnamente entra nel circuito delle case del Petrarca. In questo castello il poeta amava tornare e in suo onore il Signore di Milano lo conservò così come lo desiderava il poeta.
- Verso l’ultima dimora
Gli ultimi anni di vita furono quanto mai inquieti, così come i cambi di sede (e di casa). Il corpo gli mandò dei segnali di allarme, che probabilmente lo indussero a cercare una casa in cui trovare pace. Ricompose la famiglia con la figlia Francesca ad Arquà, in una dimora ampia e accogliente, un’oasi di pace sicura e amena, nella dolcezza delle colline venete.
L’ultima casa che chiude il grande viaggio di una vita inquieta, di un intellettuale straordinario che ha ancora tanto da raccontarci. Noi oggi possiamo percorrere alcune tappe di questa via ideale che ci portano sui luoghi più significativi in cui il poeta visse trovando ispirazione e quiete: saranno i luoghi in grado di evocare alle anime sensibili un grande della storia e della letteratura, perché le case hanno un cuore di pietra, come dice Sebastiano Vassalli, ma soprattutto un’anima, quella con cui oggi ancora possiamo entrare in contatto quando entriamo nelle case di Francesco Petrarca.
P.S.: spero che il poeta mi perdoni se, in un tempo lontano, mi battezzai Franciscus per il mio sito, fu una scelta allora inconsapevole che però, oggi, guardo con divertito compiacimento.
Documenti correlati:
- Progetto Via del Petrarca
- Francesco Petrarca al Castello Visconteo di Pagazzano (di Christian Rampello)
- https://csapetrarca.it/csa-petrarca/
- https://csapetrarca.it/il-gemellaggio-culturale-la-via-del-petrarca-csa-e-castello-di-pagazzano/
- https://www.castellodipagazzano.it/
NOTE
[1] Così si definisce Incola ceu nusquam, sic sum peregrinus ubique (Epystole metrice, III, 19, v. 16).
[2] Notare il dettaglio poetico dell’aurora, in cui si può intravedere il gioco di assonanza con Laura, l’aura, aura. L’epistola è del 1350; altre epistole autobiografiche sono indirizzate a Giovanni Boccaccio (Seniles VIII, 1) e in quella al giovane giurista Giovanni Aretino, tutte in latino. Il testo è raggiungibile a questo link.
[3] https://www.regione.toscana.it/-/casa-petrarca-arezzo
[4] http://www.droandi.info/index.php/arezzo-1943-tre-bombardamenti-aerei-letti-sui-documenti/?id=100
[5] Immagini del restauro di questa casa si trovano nel sito dello studio di architettura che ha curato la ristrutturazione. http://www.devitassociati.it/progetti_sviluppo.php?id=105&branch=imgs
[6] http://www.casapetrarca.org/casa-petrarca/
[7] Il ricordo dei bei tempi spensierati dell’adolescenza ritorna in queste parole: "Tenesne memoria tempus illud quadriennii? Quanta ibi iucunditas, quanta securitas, que domi quies, queve in publico libertas, que per agros otia, quod ve silentium!". http://www.internetculturale.it/directories/ViaggiNelTesto/petrarca/popup/10.html
[8] C’è nel Virgilio dell’Ambrosiana!
[9] Svetonio, vita di Orazio: “vixit plurimum in secessu sui Sabini aut Tiburtini”
[10] Così la saluta celebrando la propria scelta di tornare in Italia: un esametro raffinato con il saluto solennemente disposto a cornice. (Epyst. III, 24)
[11] 1341-43 poi 1344-45; il nome designa l’altopiano vicino al castello di Guardasone, oggi scomparso.
[12] Vicino alla chiesa di Santo Stefano; nel secondo soggiorno la restaurò e abbellì con marmi preziosi.
[13] Nichil ex me velle respondit, nisi presentiam meam solam, qua se suumque dominium crederet honestari”
(Fam. XVI, 11).